LUI IN FONDO MI AMA

mani incarcerate

foto dal sito ritrattidinessuno.splinder.com

“Lui in fondo mi ama

Mi picchia perché mi ama

Mi stupra perché mi desidera

Mi ammazza perché è debole”

Riporto uno spezzone di un commento dal blog Controviolenza.org (mi ha colpito molto, volevo solo linkarlo, ma non mi è stato possibile). Buona lettura!

“IL DEMONE AMATO di Nic”

Una sera qualunque, in una casa di ringhiera – dove il ballatoio è il luogo della socialità e le porte delle case rimangono aperte – un uomo punta il coltello contro la donna con cui vive e da cui ha avuto un figlio: non vuole che lei se ne vada per tre giorni in montagna col bimbo; la accusa di averlo tradito, mesi prima, sebbene lui stesso avesse avuto un’altra relazione, tempo addietro, quando lei era incinta.
La settimana precedente mentre il bimbo dormiva aveva cercato di stuprarla: “Ti violento e poi mi ammazzo!” le diceva, ma l’alcol in corpo l’aveva fatto crollare prima. Per qualche giorno si era rifugiata altrove col figlio, ma poi era tornata, rassicurata dalle promesse e dai mea culpa del compagno.
Ora è di nuovo lì, col figlio in braccio e il coltello puntato addosso. Una vicina di casa interviene immediatamente, e non è la prima volta. Nel frattempo un’altra donna si affaccia alla porta e urla “Che cosa stai facendo? Pensa a tuo figlio!”. Per tutta risposta si prende un pugno nello stomaco e il coltello alla gola: “Fatti i cazzi tuoi o ti faccio chiudere io quella bocca di merda!”, le intima l’uomo. Rapide, le tre donne si rifugiano dalla vicina. Arrivano anche i carabinieri. Il commissario entra nella casa in cui si trova l’uomo armato per parlare con lui. Il coltello sparisce abilmente e l’uomo racconta al commissario del tradimento, ottenendo la sua solidarietà. Soddisfatto, il militare raggiunge la donna nell’appartamento accanto per dirle “Signora, torni pure a casa a dormire” – nessun coltello rilevato e l’uomo è tranquillo. Sì, proprio quell’uomo che intanto si affaccia alle spalle del carabiniere e urla “Troia, sei una troia, siete tutte troie!”, sputando contro di loro. Già, quell’uomo è tranquillo, proprio tranquillo…
Le donne si rivoltano, dicono al commissario che se succede qualcosa la responsabilità è anche sua, che non vuole vedere la gravità della situazione. Per tutta risposta il carabiniere intima rabbiosamente alla donna di preoccuparsi della propria moralità, che al suo lavoro ci pensa lui stesso.
Come sia finita questa storia, una fra le migliaia di storie quotidiane di violenza, poco importa; è sufficiente dire che è finita in maniera meno peggiore di altre: nessuna, questa volta, è stata uccisa. Ma…
Ma l’uomo col coltello è diventato un mito e nei giorni immediatamente successivi, mentre per telefono minacciava la compagna, nascosta col bambino in un luogo segreto, lo si poteva vedere in un pub del quartiere con una nuova donna. E poi con un’altra, e un’altra ancora.
E quella che si è presa il coltello alla gola nel tentativo di intervenire è sparita dalla memoria; di fondo erano tutti d’accordo che si sarebbe dovuta fare i fatti suoi e non immischiarsi in questioni di coppia – perché queste violenze vengono poi sempre ridotte a “questioni di coppia”. E’ così che viene massacrata la maggior parte delle donne: per “questioni di coppia”. Picchiate, violentate o ammazzate da mariti, fidanzati, compagni, ex-mariti, ex-fidanzati, ex-compagni… da demoni amati.
Robin Morgan, nel suo “Il demone amante” attribuisce agli uomini uno status attivo: quello di amanti. Ma se davvero si vuole estirpare il femminicidio alla radice, oggi è tempo di interrogarsi su costoro come oggetti dell’amore femminile: AMATI, più che amanti. Interrogarsi, quindi, sulla torsione che molte – troppe! – donne compiono su di sé per amare chi ha trascorsi violenti con altre donne, giustificandoli fino al punto di colpevolizzare se stesse per spiegarsi le violenze quotidiane subite o cadere nel meccanismo perverso dell’“Io ti salverò”, ancora convinte che l’amore possa rendere per sempre farfalla il peggior verme.
Non si tratta di evocare il solito luogo comune del masochismo femminile. Occorre capire cosa sta alla radice, va sviscerato il senso paradossale di onnipotenza/impotenza che induce una donna a pensare “L’ha fatto con l’altra ma con me non lo farebbe mai”, per poi dirsi “Se l’ha fatto anche con me è solo colpa mia”, e in questo modo accusando le altre e poi se stessa, ma mai il demone amato.
La violenza contro le donne è un problema terribile, e senza dubbio c’è bisogno di luoghi in cui le donne possano rifugiarsi e sentirsi sicure quando decidono di rompere la paura e l’omertà, di non continuare a subire, di sottrarsi alla violenza maschile. Ma di fronte a questa realtà possiamo continuare a pensare che la legge sia uno scudo efficace e sufficiente per difendersi da stupri e violenze, per difendersi dal demone amato, dal sogno d’amore, dall’“Io ti salverò”?

Come sottrarsi alla violenza autoinferta in anni spesi a convincersi che “Lui in fondo mi ama/ Mi picchia perché mi ama/Mi stupra perché mi desidera/Mi ammazza perché è debole”?
Qualche decennio fa alcune donne decisero di aprire gli occhi e guardare contemporaneamente il mondo fuori e dentro di sé, di rompere la complicità – consapevole o inconsapevole che fosse – e di nominare le proprie miserie. Altre – troppe altre! – rimasero a coltivare il sogno d’amore, a convincersi che se avessero parlato con voce sommessa e non si fossero ribellate non avrebbero fatto innervosire lui che – poverino! – è tanto buono, bravo lavoratore e padre di famiglia, solo che certe cose gli fanno andare il sangue alla testa, e allora bisogna evitare proprio queste cose, e poi altre, e altre ancora, fino a morire rimanendo vive. Vive ma svuotate di vita.
Chi non era di questa idea, mise a fuoco una realtà terribile: nella storia delle donne il matrimonio – scelto o imposto, poco importa – era il modo “migliore” per sottrarsi al rischio di stupro e violenza da parte di sconosciuti: si sarebbe, eventualmente, state stuprate e picchiate da uno solo e pure conosciuto. D’altronde ancora oggi si persuadono le donne a rimanere in casa per non correre il rischio di essere stuprate da sconosciuti. Perché se a stuprarti è un familiare la questione assume tutt’altro colore e nessuno ti dirà che sei stata violentata perché uscivi di sera, magari da sola, magari in minigonna, magari eri pure un po’ bevuta e, tutto sommato, un po’ puttana. Certo, perché le prostitute le si può violentare e ammazzare: sono loro che si mettono in pericolo esponendosi sulla strada, no? E poi il sesso è il loro mestiere quindi mica le può ferire uno stupro, no? In sintesi: è colpa loro. E il cerchio si chiude.

Informazioni su grexia

Femminismo e Anarchismo a Padova
Questa voce è stata pubblicata in citazioni, donne e contrassegnata con , , . Contrassegna il permalink.

4 risposte a LUI IN FONDO MI AMA

  1. LaGiulia ha detto:

    Ho i brividi!

    Sono tutte cose vere eppure il senso comune giustifica, a volte anche i poliziotti, i preti, i padri…

    A volte penso che alle bambine bisognerebbe insegnare il karate (o meglio un addestramento da militare israeliano) e non i punto croce, si gli uomini cominciassero a prenderle quando ci mettono le mani addosso forse la smetterebbero.

    baci baci
    LaGiulia

  2. grexia ha detto:

    Odio genera odio… non mi sembra valida una soluzione che utilizzi la violenza. La mia opinione è che sia una società tutta da cambiare, dal fondo dalla sua organizzazione. Come diceva Gaber “la libertà è partecipazione”, solo partecipando e decidendo tutti insieme si è veramente liberi, perchè si può discutere ed essere convinti delle decisioni prese in comune.
    D’altra parte, non tanto il karate, ma più il judo può essere utile alle bambine, nel suo tentativo di dare sicurezza alle proprie azioni. Faccio judo da un po’ di anni e questo mi ha insegnato non che posso combattere ad armi pari con un uomo, ma che posso reagire e che bisogna lottare, non farsi soppraffare dalla paura. A questo secondo me può essere utile il judo e in questo senso lo aggiungerei nell’educazione delle bambine (certo il punto croce non aumenta la propria autostima…). In realtà io parlo del judo perchè di questo ho esperienza,ma qualsiasi strada che ci porti a diventare individui con determinazione e sicurezza di sè può essere valida!
    Grazie per il commento
    Grexia.

  3. judofloriana ha detto:

    Si hai perfettamente ragione, anche io faccio judo da diversi anni e sono sicura che dà molto in termini di sicurezza, carattere, educazione e mentalità.
    Impari ad autocontrollarti, ma anche a saper sbattere per terra un importunatore senza usare troppo la forza e può essere molto utile in situazioni di contatto come un eventuale stupro, perchè insegnando come strangolare o are una leva a terra, può aiutare a battere un malintenzionato o stupratore.
    Eppoi da molta parita, quante donne o ragazze riescono a battere gli uomini sul tatami…li ridimensiona un bel pò…ed è molto femminile per la sinuosità ed armonia delle tecniche, perchè si usano molto anche e bacino.
    Grexia se vuoi parliamo del nostro bellissimo sport anche via mail. fammi sapere .ciao!

  4. blackthing ha detto:

    Si si studia judo…
    Un uomo ti fa il mazzo senza problemi se vuole, puoi allentarti pure con Chuck Norris.
    Ad alcune donne manca il coraggio, ad altre le rotelle.
    Come quelle che dicono di amare la persona che le picchia venti volte al giorno.
    Le arti marziali in questo caso serviranno ancora meno…

Lascia un commento